Residenza fittizia: Storie del bianco

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“Quel mattino lo svegliò il silenzio. Marcovaldo si tirò su dal letto col senso di qualcosa di strano nell’aria. Non capiva che ora era, la luce tra le stecche delle persiane era diversa da quella di tutte le ore del giorno e della notte. Aperse la finestra: la città non c’era più, era stata sostituita da un foglio bianco. Aguzzando lo sguardo, distinse, in mezzo al bianco, alcune linee quasi cancellate, che corrispondevano a quelle della vista abituale: le finestre e i tetti e i lampioni lì intorno, ma perdute sotto tutta la neve che c’era calata sopra nella notte.”
ITALO CALVINO
La città smarrita nella neve

Se quella di Calvino, che vede con gli occhi di Marcovaldo, è una visione estatica di bambino (almeno nella prima parte), quella di Alessandro Niero è una visione sospesa, nel recupero di qualcosa che sembrava ormai perso.
Ma chi è Lei, la Neve?
“Un polverìo soggetto appena a gravità:

incerto e vagante all’inizio, poi – appesantitosi di
ghiaccio – precipitante, quasi una frusta sull’asfalto.
Lei, con la sua coltre, tende a rendere tutto anonimo, ma nel contempo, prezioso e perfetto, resistendo a tutti i costi, anche a prezzo di dover alterare il suo biancore:
“Laddove può ancora (tetti, muri trascurati, protuberanze inaccessibili),
resiste all’incedere dei mezzi, posa ieratica.”
Lei, la Neve, la nuova pelle che si prende la scena, irretisce tutti i sensi , finché l’uomo, ahimé, non corre ai ripari e ci riporta al solitosconcio di sempre. Con i suoi passi scomposti, simbolo della sua imperfezione, rovina il niveo candore dando inizio a
la corruzione e il tempo amorfo.”
Verrebbe da dire che il foglio bianco come la neve,  riempito dalla raffinata sensibilità di Alessandro Niero, invece, ci  lascia come Marcovaldo, rapiti da questa sinfonia in bianco.

Provate ad ascoltare la lettura di questa meravigliosa prosa poetica e ne capirete la fascinazione.