Quando il cinema diventa poesia, potremmo dire, ma voglio esprimermi meglio: quando il cinema è poesia e, in questo caso, lo è per tutta la durata del film.
Le piccole cose di ogni giorno, i buoni sentimenti creano un terreno fertile in cui l’armonia non viene sconvolta neanche dal dramma della guerra (o dal fatto di essere nati ebrei).
Il filo dei ricordi serve così a dialogare con la morte, ad esorcizzarne la paura e l’amore, che a poco a poco nasce tra Violetta e Alberto, serve loro a vivere un altro film che li distoglie dalla realtà dura e tagliente.
Il nostro regista e sceneggiatore livornese scrive da poeta e sembra fare da Maestro ai due giovani: “La vita è una nuvola che scivola via”. Talvolta intinge il dito nella brocca della malinconia ma non si scorda mai di sottolineare che “un minuto di piacere è un secolo”. Questo microcosmo (che simbolicamente è rappresentato dalla grotta in cui sono rinchiusi i due ragazzi) è visto sempre con i loro occhi, occhi di chi si apre alla vita ma che potrebbe non conoscerla affatto.
Il film mi ha fatto ripensare alla tematica del “fanciullino” pascoliano con cui si cerca di togliere il più possibile alla morte per restituirlo alla vita. Infatti verso il finale, si parla di redenzione e quella dei due ragazzi si intreccia alla storia dell’uomo/Dio Gesù in un momento di alta spiritualità.
In fondo, ci dice Damiani, “basterebbe poco per essere Dio” ma non ci indica come, sospende con leggerezza la visione in un filo temporale che ripercorre il passato, si snoda nel presente e ci proietta verso il futuro.
Difficile dire chi sia il vero protagonista, è come in un brano orchestrale, a volte c’è la voce flebile di un flauto, a volte spicca un violino, a volte un coro di strumenti. Sicuramente il direttore d’orchestra è la città di Livorno, tutto parte e ritorna a lei ed Amasi, come è stato già detto, è il suo cantore appassionato.
Adesso, grazie a Lui, sappiamo meglio cosa amano i livornesi, comprendiamo meglio la funzione salvifica del sorriso, e soprattutto che la vita non va sprecata nell’attesa dei “tre colpi alla porta”, ma nella ricerca dell’Amore che sconfigga la fame, il buio, la paura.