Il realismo magico di Amasi Damiani si accentua col passare del tempo, tutto diventa più surreale e la sua fervida immaginazione si traduce sui fotogrammi con ancora più fantasia e profondità. “Questo è un film difficile” mi dice tutte le volte, preannunciandomi che si è messo a scrivere un nuovo soggetto, ma io so che basterà guardare il film col cuore e il resto verrà da sé. E così è stato ed è proprio la tematica del vedere/non vedere a dominare la scena. La storia di Giuseppe, nato cieco che finalmente riesce a vedere dopo un intervento si intreccia a quella di Aldo che purtroppo ha peso la vista, due vicende e partecipate dolorose, intense che si rincorrono come nel simbolo dell’infinito. Giuseppe è, paradossalmente, il più provato da questa nuova realtà, perché “gli occhi sono traditori” e, adesso, vedendo, la vita parallela, quella dettata dalla fantasia è sconvolta, tradita, era la vita di “uno scenografo” che si “costruiva” il suo film”, adesso c’è la realtà. Giuseppe sta perdendo il suo presente, invece Aldo, il cieco, acquista questa seconda capacità che è quella di vedere attraverso la memoria, le emozioni e le emozioni, lo si sa, sono la ricchezza della vita. Credo sia questo il messaggio del nuovo lavoro di Damiani. E poi c’è la linea “metacinematografica”, sulla macchina per costruire sogni del giovane regista in cerca di ispirazione e di risorse. E c’è la danza, la poesia sul gabbiano, il principe del cielo.
E c’è Lilla e il marito, l’amore incondizionato che non teme il tempo, perché ha il dono del sorriso. E c’è Andrea, il saggio, e c’è Lucifero che parla come un guru, e c’è la solitudine soprattutto quando sei tra la gente, e c’è il problema delle “curve del cervello” che ti imbriglia e ti stordisce. E c’è l’amore, la vita, e la morte raccontate da me e da Giorgio (Notari).
E c’è la “grande Bellezza”, cioé la città di Amasi, Livorno, in un addio che è un omaggio struggente, traboccante di emozioni (qui trovate il link ad un altro mio commento).
https://parolegiocattolo.it/il-poeta-e-la-sua-livorno/
Forse, soprattutto, c’è una lode all’amicizia del gruppo che si stringe intorno a Giuseppe e ad Aldo, che, in un modo o in un altro, considerano grande bellezza il buio, mentre il regista può creare solo attraverso la luce un qualcosa che necessariamente deve essere visto. Un gioco di contrasti bellissimo: buio che crea luce/luce che crea buio.
“Sopra di noi il cielo” e tanto altro, tenerezza, pienezza, tutto.
Qui potete ascoltare il mio monologo: