Alessandro Niero: Affetti familiari

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Con pudore e tanta, tanta grazia, qualità che lo contraddistingue come poeta, in Residenza fittizia, l’autore si accosta a due figure cardine della sua vita, la prima è la moglie in questa poesia d’amore, in cui la litote fa la parte del leone.
E’ un po’ un “io non so parlar d’amore”, che in realtà di questa “cosa di cose fatte, cosa fatta, poi, di che cosa? ci  dice tanto (e questa è la magia della litote) ma sempre con estrema delicatezza, forse per paura di stroppicciare o di dare una definizione restrittiva a qualcosa che forse è meglio indicare numericamente: 1.576.800.000 secondi.  E qui il tutto sembra iperbolico, ma se quei secondi hanno “istoriato” questa lunga storia (ventuno anni), non importa dire altro, se non i nomi di quel nervo di nodo al fazzoletto”: Silvia e Alessandro.

 

E poi c’è la poesia per la figlia: Pernottamento, un distacco, il primo si presume, e il  tentativo di “assordare il silenzio che lasci”, per la ragazzina un rito iniziatico, per lui un buco in un quadro, ma forse una sorta di battesimo come padre.