“ La poesia va e viene, vive e muore quando vuole lei,
non quando vogliamo noi, e non ha discendenti”.
Goffredo Parise
E siamo di nuovo alla prosa poetica. Francesco Mencacci, direttore della Scuola Carver di Livorno, è innamorato di Parise; mi dichiara umilmente, “non ho l’esclusiva, ho solo il piacere di condividere la bellezza di un autore che ci fa emozionare, vivere sensazioni struggenti come la malinconia”. Mencacci dedica ai Sillabari la prima conversazione del suo libro Le stelle benevole, e in un’altra occasione (una “stanza letteraria” online proposta dalla Carver durante questi lunghi mesi di pandemia), si sofferma sull’uso che Parise fa dei cinque sensi: “i cinque sensi come modalità espressiva e persuasiva, i cinque sensi come strumento descrittivo del rallentamento che permette al lettore di ricomporre da solo il sentimento sottostante.” Quindi, verrebbe da dire che questo languore che attraversa tanti dei suoi racconti scritti dalla A alla S, è una sorta di senso senso, ma per capirlo bisogna leggerne uno fondamentale che piace tanto a me ma che mi è stato indicato da Francesco Il titolo è Dolcezza, ascoltate la mia lettura. Poi se vi facesse piacere, commentate.