In quel preciso momento

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Erano le 4, 20 del 28 gennaio 1972 di un gelido pomeriggio milanese, quando a Dino Buzzati arrivò il fatidico dispaccio che gli imponeva di lasciare la Terra, forse il reggimento che lo doveva accompagnare nell’aldilà gli aveva lasciato qualche ora in più, non partì all’alba come Dino aveva previsto. Il tempo di farsi fare la barba per essere in ordine, il tempo per dire alla moglie, che, nonostante tutto, era pronto per scrivere un altro articolo per il suo giornale.
Così recita Indro Montanelli, suo amico di sempre, dalle colonne del Corriere: “Con Buzzati se ne va la voce del silenzio, se ne vanno le fate, le streghe, gli gnomi, i presagi, i fantasmi. Se ne va, dalla vita, il Mistero. E che ci resta?” Ci resta un’eredità meravigliosa, fatta di racconti, romanzi, lettere, sceneggiature teatrali, articoli, poesie e tanti scritti anche difficilmente inscrivibili in un genere: appunti, elzeviri, apologhi, pensieri, per non parlare dei suoi quadri, dei disegni, del suo Poema a Fumetti, dei suoi libretti d’opera, delle sue scenografie per i balletti di Stravinsky, doveva scrivere perfino un libro su Mina. I suoi racconti si vedono e le sue immagini raccontano, quanta modernità, quanta originalità, quanti mondi ha conosciuto, quante arti ha sperimentato. Mi piace ricordarlo con un brano dedicato ad un amore perduto, intitolato Contro l’amore, ma gli ho promesso un bell’omaggio e io mantengo le promesse.