Memoire

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La tua rabbia è come un fiore; all’inizio forse non ne capisci la natura o l’origine, ma se sai come abbracciarla con l’energia della consapevolezza, essa comincerà ad aprirsi.

Thick Nhat Hanh

Saggezza orientale

Bastava andare su You Tube, farsi arrivare a casa qualche manualetto, colorare i mandala.
Ripensare al gabbiano Jonathan diventa
to guro, l’aveva teletrasportata in Oriente. Ormai ne parlavano tutti: ci si ispira a Buddha e si impara la pratica, il distacco, l’allontanamento dalle dipendenze affettive.
Aveva affrontato una separazione, un divorzio e tanto altro; con una bella immersione nel pensiero degli illuminati, ne sarebbe uscita.
Ogni lutto ha un suo tempo di elaborazione, bastava affidarsi all’intelligenza, sedare la sensibilità e leggere, leggere, leggere. Non a caso aveva chiesto a se stessa un anno sabbatico,
però andava sfruttato al meglio, trascorso questo periodo buio, avrebbe deciso cosa fare da grande. Dopo mille proponimenti, dopo aver ammesso che qualche difetto doveva pur averlo, visto che non si era mai piaciuta, dopo essersi costruita un cantuccio dove rifugiare la sua delusione, ora bisognava puntare alla risalita.
Colmò la sua fame di conoscenza partendo dai più famosi
saggi orientali: Krisnamurty, Yogananda, Patanjali, Osho, poi si era interessata alla Mindfulness di Kabat-Zinn ed era approdata al promettente mondo della meditazione.
Aveva imparato a scrivere affermazioni
e a visualizzare correnti di luce che, partendo dal suo cranio, si espandevano nel cosmo. Si era fatta un glossario di parole utili, si era avvicinata al sanscrito, aveva riletto Siddartha e aveva scoperto cos’è la santosha, una sorta di taumaturgica resilienza che aiutava ad essere contenti per forza. Aveva imparato a memoria a difendersi dagli otto venti mondani e in particolare a non essere felice per le lodi ricevute, né tanto meno ad essere infelice in caso contrario. Aveva apprezzato Thick Nhat Hanh e da lui aveva imparato a gestire la rabbia, ad accettarla, ad abbracciarla . Non si aspettava più che gli altri cambiassero, ora sapeva che doveva cominciare da se stessa.
Avrebbe rinunciato all’io, che è in costante divenire, per ritrovare il qui e ora. Aveva scelto lo zafu come cuscino da meditazione e si era provvista di minuscole campane tibetane con la speranza di non disturbare il condominio, aveva capito anche che doveva sorridere di più, diventare compassionevole, praticare la Grazia ed esercitare la Gratitudine.

Grata per che cosa? Per essere venuta al mondo? Oppure per essere sopravvissuta a quella lunga notte di dolore: il suo bambino aveva deciso di crescere in un posto sbagliato, ma l’emorragia l’aveva risparmiata, però se fosse arrivata all’ospedale solo quindici minuti dopo…
Era una ragazza tenace e neanche il fatto di sentirsi dire che il suo ventre non era un ambiente adatto per una nuova gravidanza l’aveva annientata.
Niente e nessuno però l’avrebbe aiutata a non sentirsi una donna a metà, e questa sensazione, lei lo sapeva con certezza, sarebbe durata per tutta la vita.
La ferita si era chiusa, ma la cicatrice era ancora fresca.
Improvvisamente il miraggio dell’Oriente svanì e tutto il suo armamentario da Yogi fu messo in vendita su E-bay.
E questa volta Susanna legge Susanna