Nell’incontro di stamani all’Unitre, siamo entrati nel magico mondo della narrazione e abbiamo fatto varie riflessioni e una è questa del titolo. Abbiamo anche affrontato il tema della scrittura come cura di sé, a questo proposito consiglio di leggere di Duccio Demetrio: Raccontarsi (Raffaello Cortina editore). Protagonista della nostra chiacchierata è stata la narratologia e gli “ingredienti” del racconto. Abbiamo dedicato una particolare attenzione all’incipit. Ne riporto uno, celeberrimo: “Se sono matto, per me va benissimo, pensò Moses Herzog. C’era della gente che pensava che fosse toccato, e per qualche tempo persino lui l’aveva dubitato. Ma adesso, benché continuasse a comportarsi in maniera un po’ stramba, si sentiva pieno di fiducia, allegro, lucido e forte. Gli pareva d’essere stregato, e scriveva lettere alla gente più impensata. Era talmente infatuato da quella corrispondenza, che dalla fine di giugno,dovunque andasse, si trascinava dietro una valigia piena di carte. Se l’era portata, quella valigia da New York a Martha’s Vineyard. Ma da Martha’s Vineyard era riscappato indietro subito; due giorni dopo aveva preso l’aereo per Chicago era filato in un paesino del Massachusetts occidentale. Lì, nascosto in mezzo alla campagna, scriveva a più non posso, freneticamente, ai giornali, agli uomini politici, ad amici e parenti e finì per scrivere pure ai morti, prima ai suoi morti e poi ai morti famosi.”
A questo punto ho lanciato una sfida, proviamo a fare come il protagonista del libro di Saul Bellow: proviamo a scrivere una lettera a qualche personaggio famoso che non c’è più, magari un poeta odiato perché a scuola ci facevano imparare le sue poesie a memoria oppure un personaggio storico che ci sta sulla pancia, insomma una lettera impossibile che non avrà risposta, ma questo forse può renderci tutti più liberi.
Anche gli assenti ora hanno la loro lezione a casa…