Volterra si fa bella

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Il giorno 17 agosto dell’A.D. 1398, nella meravigliosa cornice di Volterra Dino Fiumalbi presenterà dalle 21 alle 23 il suo libro: Le Donne, il Diavolo e il Destino. (Ed.Bandecchi e Vivaldi). Forse c’è qualcosa che non torna nella data, sto parlando di un “ritorno dal passato”, ma Fiumalbi non poteva scegliere una location migliore, le tre investigatrici: Adelaide, Matilde e Riccarda si incontrano proprio lì, durante la festa medioevale.


Matilde, la poliziotta, si innamora di questa atmosfera e se la gode tutta, quasi subendo la “subdola seduzione” di Volterra, d’altronde provare per credere, tutti la subiamo, chi più, chi meno.


La città”dei contrasti” sfodera tutte le sue armi e forse sarebbe una buona idea recarsi là, cogliendo così anche l’occasione per scoprire qualcosa (non tutto, naturalmente) della sapiente tessitura del libro di Fiumalbi.
Io intanto ripubblico una mia recensione, chissà che non vi venga l’acquolina in bocca, in quei giorni, giuro, anche il gusto è totalmente appagato.

“QUALCOSA DI INASPETTATO”

Un omicidio è un fatto che sconvolge sempre l’ordine naturale delle cose e nel libro di Fiumalbi ce ne sono ben otto e tre investigatrici: Adelaide, Riccarda e Matilde, l’unica deputata a mettere in manette l’assassino in quanto poliziotta. Nei suoi racconti ( lo dice nell’introduzione a Noi umani Cerchiamo quadrature, uscito nel 2019 per Bandecchi e Vivaldi), l’autore ama inserire una sorpresa, ma in questo caso c’è una scelta di genere, siamo di fronte a un’opera in giallo, come recita il sottotitolo. Tutto già scritto, tutto già detto, ormai le detective in gonnella abbondano sia nelle librerie che in tv, ma in Le Donne, il Diavolo e il Destino, come si comprende già dal titolo, c’è molto, molto di più. Fiumalbi è uno a cui piace cercare la quadratura del cerchio e risolvere un enigma lo è, bisogna possedere un metodo analitico e obiettivo, annusare la situazione come un cane da tartufi, ( e qui c’è anche quello) e cercare le prove di ciò che si è già capito ( un po’ stile tenente Colombo), e di questa strategia è sicuramente dotata Matilde, la detective in carriera.
In una gradevole competizione nella finzione narrativa, troviamo anche Riccarda una “ficcanaso” naturalista, e Adelaide una contessa “temeraria” che, nell’ultimo racconto, collaboreranno. Quello di Fiumalbi è dunque un raffinato esercizio di stile, una novità nella iteratività di un genere.
Una delle più grosse novità sta nell’aver introdotto personaggi come il Diavolo e il Destino che contendono il primato all’Autore nella creazione e nello svolgimento degli accadimenti. In più c’è Paris, che per parità di genere insieme ai suoi “alleati” invisibili”, aiuterà a districare la matassa delle trame. Fiumalbi quindi introduce elementi di novità che, quasi in un oximoron, ci rimandano a figure allegoriche e classiche come Paride, le Parche, Cerbero o a giochi intertestuali che toccano anche Shakespeare. Insomma, in un genere relativamente moderno, (la detective story nasce con Dupin di E. A. Poe), Fiumalbi coraggiosamente introduce l’antico, il mito, il favoloso e il fatto stupefacente è che tutto funziona a meraviglia. Il modello, dicevamo, si arricchisce e cambia attraverso la scelta di setting lontani e l’introduzione di queste tre donne, legate solo dalla passione per gli enigmi, ma diversissime per età, carattere e status. Con Fiumalbi, siamo un po’ in città ( a Pisa, a Volterra) un po’ in montagna (sulle Apuane), al mare (Baratti, Isola d’Elba) sul ponte del Diavolo (a Borgo a Mozzano), ma l’autore sembra sempre essere sempre a casa sua, si muove bene in questi luoghi, preferisce evidentemente scrivere di ciò che ama e questo si sente.

I paesaggi sono delineati attraverso pennellate che lui dispensa con parsimonia, poche ma preziose, quindi la sua prosa è, per prima cosa, molto icastica: il lettore non vede semplicemente questi luoghi, si trova lì, è con i personaggi e, insieme a loro, è invitato a risolvere i casi. E’ un vero piacere leggere ad alta voce questi “ritratti dei luoghi”, un piacere reale, ci sono pagine di prosa poetica che vanno lette proprio così. (Una tra tutte, la strada bianca di Volterra). Oltre alla toponomastica, un’altra pista da seguire è quella dell’onomastica, solo i grandi scrittori scelgono accuratamente i nomi dei propri personaggi e Dino lo fa per divertimento, di solito sono ironici: l’adultera si chiama Gaudenzia. Anche questo ci porta a pensare che per lui la narrazione è gioco, leggerezza e scherzo.

La forma di Fiumalbi è varia ( ma anche con questa si diverte), l’uso dei linguaggi settoriali è stupefacente (si va dalla balistica alla tossicologia in un battibaleno) e quindi anche molto ricca, perché la sua è una lingua poliglotta e, talvolta, intessuta di colorite inflessioni toscane, q.b., senza strafare.
Dino è curioso, intellettualmente curioso, e quindi è un grande osservatore, ecco che il suo caleidoscopio sensoriale è sempre pronto a registrare e a tradurre sulla pagina il mondo che ci circonda, l’intimità dei personaggi, il garbuglio delle passioni. E lui, mi sembra di vederlo, si diverte a controllare se il lettore ha bisogno di un vocabolario per decifrare tutti i termini: colti, specifici, colloquiali. Vorrebbe essere una mosca per spiarci e invece è soprattutto un’ape che, con pazienza e amore, costruisce il proprio alveare (l’opera), con le cellette in cui incasellare le sorprese, i dettagli, gli scioglimenti. Il filo “giallo” della sua opera…in giallo è proprio il miele, non a caso, e l’alveare è un qualcosa di geometrico proprio come il genere giallo (il bisticcio è voluto). Dino è un uomo vitruviano: homo tecnologicus prima e letterato dopo (si è laureato in lettere con una tesi di storia), sembra trarre proprio da Leonardo una grande lezione: il sapere è uno. Ha scelto la scrittura, ma sa anche lavorare con le mani, sa costruire, ma anche la narrazione è a pieno titolo costruzione, e sapiente anche, quindi magicamente, alla fine riesce sempre a trovare la quadratura del cerchio. Ma forse ciò che lo caratterizza di più è il fatto di essere un homo ludens, e che cos’è il giallo in fondo se non enigmistica narrativa al quadrato? E con l’enigmistica si gioca con le parole e tanto anche…

Non vorrei aggiungere altro, ma aspetto i vostri commenti, dopo il vostro tuffo nel passato.